Con l’entrata in vigore del decreto legislativo 231/2017 del 9 maggio 2018, è necessario assicurare un’adeguata informazione sugli alimenti ai consumatori. Quindi anche per gli allergeni alimentari nei ristoranti.
Infatti il decreto adegua la normativa nazionale a quella europea e sanziona la violazione delle disposizioni previste dal Regolamento UE 1169/2011.
In particolare esso prevede multe dai 3.000 ai 24.000 euro per i ristoratori che omettono di indicare per iscritto, in modo chiaro e immediato, la lista degli allergeni presenti nei cibi somministrati e/o venduti. Si tratta non solo di ristoranti, ma anche di agriturismi, bar, mense e in generale di ogni esercizio di somministrazione di alimenti e bevande. Tuttavia esiste la possibilità di ridurre la sanzione pecuniaria fino ad un terzo per le microimprese.
Obbligo di indicazione degli allergeni sul menu ristorante
Per informare il cliente sugli allergeni alimentari nei ristoranti o in altro luogo simile, l’operatore deve fornire al cliente un registro, denominato agenda degli allergeni. Ma può riportare le avvertenze anche direttamente sul menu o altro, come i cartelloni. Comunque è importante che tale comunicazione sia scritta e facilmente reperibile dai consumatori e dalle autorità di controllo.
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Allergeni alimentari: quali sono?
Secondo l’allegato II del Regolamento UE 1169/2011, le categorie considerate responsabili di allergie sono quattordici.
1. Cereali contenenti glutine
Si tratta di grano, segale, orzo, avena, farro, kamut o di loro ceppi ibridati e prodotti derivati. Ma ad eccezione di:
a) sciroppi di glucosio a base di grano, incluso destrosio;
b) maltodestrine a base di grano;
c) sciroppi di glucosio a base di orzo;
d) cereali utilizzati per la fabbricazione di distillati alcolici, incluso l’alcol etilico di origine agricola.
2. Crostacei e prodotti a base di crostacei.
3. Uova e cibi con le uova.
4. Pesce e alimenti a base di pesce.
Però tra questi non rientrano:
a) gelatina di pesce utilizzata come supporto per preparati di vitamine o carotenoidi;
b) gelatina o colla di pesce utilizzata come chiarificante nella birra e nel vino.
5. Arachidi e cibi con le arachidi.
6. Soia e alimenti a base di soia.
Tuttavia tra questi sono esclusi:
a) olio e grasso di soia raffinato;
b) tocoferoli misti naturali (E306), tocoferolo D-alfa naturale, tocoferolo acetato D-alfa naturale, tocoferolo succinato D-alfa naturale a base di soia;
c) oli vegetali derivati da fitosteroli e fitosteroli esteri a base di soia;
d) estere di stanolo vegetale prodotto da steroli di olio vegetale a base di soia.
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7. Latte e prodotti a base di latte (incluso il lattosio).
Ma tra questi non sono compresi:
a) siero di latte utilizzato per la fabbricazione di distillati alcolici, incluso l’alcol etilico di origine agricola,
b) lattiolo.
8. Frutta a guscio.
In particolare ci sono: mandorle (Amygdalus communis L.), nocciole (Corylus avellana), noci (Juglans regia), noci di acagiù (Anacardium occidentale), noci di pecan [Carya illinoinensis (Wangenh.) K. Koch], noci del Brasile (Bertholletia excelsa), pistacchi (Pistacia vera), noci macadamia o noci del Queensland (Macadamia ternifolia).
Ma sono compresi in questa categoria anche i prodotti alimentari che li contengono. Però tranne la frutta a guscio utilizzata per la fabbricazione di distillati alcolici, incluso l’alcol etilico di origine agricola.
9. Sedano e alimenti a base di sedano.
10. Senape e cibi con la senape.
11. Semi di sesamo e prodotti a base di semi di sesamo.
12. Anidride solforosa e solfiti.
Vanno indicati se presenti in concentrazioni superiori a 10 mg/kg o 10 mg/litro in termini di SO₂ totale. Da calcolarsi per i prodotti così come proposti: pronti al consumo o ricostituiti conformemente alle istruzioni dei fabbricanti.
13. Lupini e cibi a base di lupini.
14. Molluschi e alimenti a base di molluschi.
Altri allergeni alimentari
Inoltre per tutti i consumatori che si recano nei ristoranti e soffrono di allergie o intolleranze alimentari ad altre categorie di cibi per le quali al momento non esiste una norma dedicata, è doveroso comunicare all’operatore tale circostanza. Ciò per tutelare la propria salute e l’operato dell’esercizio di somministrazione.
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Esperta in Qualità e Sicurezza Alimentare, PhD, fondatrice di Cibo Sicuro Nel Piatto e autrice di articoli.