Ultimo aggiornamento 05/05/2020

Sulle confezioni di pomodori pelati, polpe, concentrati e sughi dal 27 agosto 2018 entra in vigore il decreto che stabilisce di indicare l’origine in etichetta dei pomodori impiegati. Ciò precisando sia il paese di coltivazione della materia prima, che quello di trasformazione.

La nuova etichetta, che per il momento vige solo in Italia, si applica ai prodotti trasformati o venduti nel nostro paese. Ed è introdotta in via sperimentale per due anni fino al 31 dicembre 2020. Per essere poi sostituita da un nuovo regolamento europeo.

Pomodori pelati: origine in etichetta. Cosa cambia?

A partire dal 27 agosto 2018 tutte le confezioni di derivati del pomodoro che escono dagli stabilimenti situati in Italia dovranno riportare in etichetta due nuove indicazioni.

  • Il paese di coltivazione del pomodoro. Ovvero il nome del Paese nel quale si coltiva il pomodoro impiegato.
  • Il paese di trasformazione del pomodoro. Ossia il Paese in cui il pomodoro viene trasformato.

Se queste fasi del processo produttivo avvengono nel territorio di più paesi, possono essere utilizzate, a seconda della provenienza, una delle tre seguenti diciture.

  • “Paesi UE”.
  • Oppure “Paesi non UE”.
  • Ovvero in alternativa “Paesi UE e non UE”.

Invece, se tutte le operazioni avvengono in Italia i produttori possono utilizzare la dicitura “Origine del pomodoro: Italia”.

Inoltre le indicazioni sull’origine devono essere apposte in etichetta in un punto evidente. E nello stesso campo visivo. Ciò per essere facilmente riconoscibili, chiaramente leggibili e indelebili.

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Prodotti su cui si applica

Occorre introdurre la nuova etichetta su tutti i prodotti composti per almeno il 50% da derivati del pomodoro. Pertanto sono interessate sia le conserve (come pelati, polpe e concentrati di pomodoro) che i sughi.

Finora quest’obbligo riguardava solo la passata di pomodoro, ovvero la conserva di pomodoro più venduta in Italia, per la quale l’origine in etichetta è obbligatoria dal 2008.

Tuttavia dal 27 agosto, è possibile che non tutte le confezioni siano a norma. Ciò in quanto il provvedimento prevede una fase per l’adeguamento delle aziende al nuovo sistema, con lo smaltimento completo delle etichette e delle confezioni già prodotte e immesse sul mercato.

Italia prima al mondo

La nuova norma sull’etichettatura di origine coinvolge migliaia di aziende italiane che, secondo l’associazione di categoria ANICAV (Associazione Nazionale Industriali Conserve Alimentari Vegetali), producono 5,2 milioni di tonnellate di pomodoro trasformato l’anno.

Il nostro Paese ha un ruolo di fondamentale importanza nella filiera dei trasformati del pomodoro. Infatti l’Italia è il terzo trasformatore mondiale di pomodoro dopo gli Stati Uniti e la Cina. E il primo esportatore al mondo di conserve di pomodoro (polpe, pelati, passate e concentrati).

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L’obbligo di indicare l’origine della materia prima e il luogo di lavorazione mette d’accordo tutti, agricoltori e trasformatori. I primi perché vedono riconosciuto il loro lavoro e l’eccellenza del pomodoro coltivato in Italia. I secondi perché vogliono smentire le speculazioni sulle conserve italiane, accusate di essere prodotte con ingredienti di importazione. E in particolare con concentrato di pomodoro proveniente dalla Cina.

Ma le aziende di trasformazione  del pomodoro sottolineano che questa norma crea uno squilibrio competitivo con i produttori di altre nazioni. E soprattutto con i prodotti Made in Italy destinati ai mercati esteri. Ciò perché l’obbligo vale solo per l’Italia.

Per tale ragione ritengono fondamentale garantire  al consumatore la massima trasparenza. Ma riconoscono la necessità di un’omogeneizzazione tra la normativa nazionale e quella comunitaria. Questo per evitare che l’obbligo abbia un’efficacia limitata soltanto al territorio italiano. Come purtroppo già avviene per la passata di pomodoro.

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